sabato 12 febbraio 2011

PHU QUOC ISLAND







 21 gennaio 2011

L'aliscafo sarebbe partito alle 8,00 della mattina, ma già con un'ora di anticipo eravamo sul molo di Rha Gia a bere un caffè vietnamita dal sapore alla nocciola, in attesa di imbarcarci per l'isola di Phu Quoc.
Con noi ad aspettare,un centinaio di vietnamiti con le loro borse, pacchi e figli al seguito, facevano colazione con il Pho, zuppa per tutte le ore della giornata a base di brodo con spaghetti di riso, verdure e pezzi di carne.
L'isola, da Colonia Penale ai tempi dei Francesi e Americani poi, sta cambiando velocemente trasformandosi in una stazione turistica per coloro che, frastornati dal caos delle città vogliono trascorrere un po' di tempo nell'assoluto far niente in cui l'unico suono è il ritmare della risacca. Questo, crediamo ancora per poco. A ritornarci fra 5/6 anni, probabilmente sarà diventata un centro turistico internazionale, caotico e senza identità, come in molti altri posti al mondo. La giungla che ancor oggi copre 80% del territorio, è tutta un cantiere aperto per la costruzione di stradoni a più corsie, che collegheranno le varie spiagge in cui cresceranno monumentali Hotel e Resort esclusivi.
Il piccolo areoporto che oggi serve per le centinaia di turisti che qui arrivano, sta per essere ampliato tanto da poter far atterrare voli internazionali.
Un altro "Paradiso" che scompare!
In prevalenza abitata da pescatori, sull'isola oggi l'occupazione più comune è l'albergatore, o meglio...inventarsi tale. Tutta la Costa Ovest, dai tramonti di fuoco è oramai un susseguirsi di piccoli Resort organizzati con boungalow di bambù e gestiti da personale di scarso livello professionale. La richiesta di recettività, è già oggi così alta da far letteralmente volare i prezzi. Malgrado la scarsa qualità dei servizi, i costi per soggiornare sono paragonabili a quelli di Saigon, con punte che raddoppiano per ciò che concerne i passatempi diurni, noleggio di moto, scouters acquei, taxi o conti al bar.
L'indolenza dei residenti è proverbiale. Sarà perchè siamo su un'isola e la vita scorre calma e lenta come le maree, ma al bar da questi parti potresti morire di sete prima che qualcuno, dopo essersi accorto della tua presenza, ti si avvicini per chiederti di che cosa hai bisogno. Siamo consapevoli che certi raffinattissimi alberghi non sono alla nostra portata economica ma per la frequenza di episodi vissuti in prima persona, rimaniamo convinti di aver colto la sostanza caratteriale del maschio VIETNAMITA.
La prima cosa che abbiamo fatto, una volta giunti sull'isola e trovato posto in uno dei numerosissimi boungalow sulla spiaggia, è stato di noleggiare una moto e di fare il tour del posto. Nuvoloni di terra rossa alzati dai camions o dai taxisti che incrociavamo, ci hanno cambiato il colore dei capelli, arsa la gola e resa la saliva come i masticatori di Betel Indiano.
Attraversare la giungla per lunghi tratti, 30/40 km, in un sentiero largo solo un paio i metri, circondati da un muro di vegetazione intricatissima e senza luce solare, sbucando poi all'improvviso in una baietta adibita a rifugio per le imbarcazione dei pescatori con una bianchissima sabbia fine e compatta come la farina, è stato, per noi, scoprire un Paradiso per i pochi fortunati che, passando da queste parti, si godono il profumo di un BBQ di pesce dal sapore ormai dimenticati.
Di questi tratti di costa bellissimi e difficili da raggiungere, ce ne sono parecchi, BAI SAO ne è l'esempio, peccato che fra non molto tutto questo sarà quotidianietà perdendo per sempre il suo aspetto impagabile di selvaggia bellezza.